Secondo il mito Leucosia, Partenope e Ligea erano tre sirene che vivevano sugli scogli, nella costa campana.
In origine esse erano compagne di giochi di Persefone, ed erano con lei anche quando Ade, dio degli Inferi, l'aveva rapita. Fu Demetra, madre di Persefone, a trasformarle in sirene, come punizione per non aver cercato di impedire il rapimento della figlia.
Così Leucosia e le sue sorelle trovarono riparo sugli scogli della costa tirrenica, e ben presto divennero un enorme pericolo per i marinai: i loro canti si diffondevano a grandi distanze e chiunque le sentisse cantare, dopo averle riconosciute come le voci più dolci mai sentite sulla terra, non poteva evitare di condurre le chiglie delle navi a infrangersi sulle rupe frastagliate.
Cantavano a quanto pare poesie ispirate all'Ade, all'Aldilà.
Solo Odisseo (anche noto come Ulisse), come racconta Omero, seppe resistere al loro incanto escogitando un piano ingegnoso: turate le orecchie ai compagni con la cera chiese loro di farsi legare all’albero maestro, riuscendo così a passare indenne ascoltando il loro canto.
Distrutte dal dolore, scelsero di gettarsi in mare precipitando da un'alta rupe, e il mare condusse i loro corpi in località diverse della costa tirrenica.
Partenope finì alle foci del fiume Sebeto, dove poi i Cumani avrebbero fondato Neapolis (l'odierna Napoli), anche per questo il popolo napoletano ad oggi viene spesso definito partenopeo.
Ligea, invece, arrivò fino alle coste calabresi, precisamente a Terina (città della Magna Graecia).
Infine, il corpo di Leucosia emerse nelle acque del golfo di Poseidonia (Paestum), dando il nome a un'isoletta presso quella città, Punta Licosa.
La Sirena di Resina (Una leggenda delle acque di Ercolano)
Si racconta che, in tempi lontani, anche nelle acque al largo della costa di Ercolano vivesse una sirena. Diversa da tutte le altre: né crudele, né ingannevole. Viveva tra le correnti tiepide del Golfo, e si mostrava solo quando il mare taceva e il Vesuvio dormiva.
I pescatori locali che solcavano quelle acque dicevano di averla vista: una figura eterea, dai lunghi capelli simili ad alghe dorate, che cantava senza voce, muovendo le mani nell’aria come onde leggere. Alcuni giuravano di averla scorta tra gli scogli, altri raccontavano che nuotava accanto alle barche, senza mai sfiorarle.
E così, sparsa la voce, ogni volta che una imbarcazione si avvicinava alle coste, i marinai sporgendosi, gridavano verso la spiaggia: “Dove avete visto la Sirena?”
Gli abitanti, rispondevano da lontano, ricambiando il grido: “Qui! La Sirena, sì!”
Ma il vento, dispettoso e ballerino, si divertiva a giocare con le parole. Le onde le spezzavano, gli scogli le rimbalzavano, e ciò che giungeva all’orecchio dei marinai era un suono diverso, trasfigurato: “Qui è Resina!”
Così, per anni, la ricerca spasmodica della sirena identificò il nome stesso del luogo. La gente cominciò a chiamare quella terra Resina, come l’eco di un canto marino, come il ricordo di una creatura che forse non c’era… o forse sì.
Ancora oggi, quando il vento soffia da sud e il mare si fa quieto, qualcuno giura di udire un nome sussurrato tra le onde. E nessuno sa dire se dica Sirena… o Resina.